21
Lug
2021
Digestione e respirazione
Perchè si parla di intelligenza digestiva e come il controllo della respirazione può aiutarci a risolvere i problemi digestivi
Digestione, intelligenza digestiva e respirazione
Quanti cervelli ci sono nel corpo umano?
In che senso, penserete. Forse credete che stiamo impazzendo, che nel fare kakasana siamo atterrate con il mento sul pavimento e non ci siamo più riprese (il che non è da escludere).
Sicuramente avete sentito dire che seguendo una dieta sana e facendo un minimo di attività fisica la maggior parte dei disturbi e malattie possano essere prevenuti. Precisamente, perché questo?
Immaginiamo il corpo come un automobile, i più estroversi tra di noi magari possono vedersi meglio come un SUV accessoriato e rombante, i più riservati anche come una panda, più pacata e timida. Entrambi però sanno che per il buon funzionamento di un’automobile, servono revisioni e attenzioni periodiche così come non bisogna dimenticare un buon carburante. Niente miscele strane.
Anche se ogni tanto capita qualche imprevisto, i controlli e il buon combustibile ci permettono di prevenire guasti più importanti.
Il corpo ha esattamente le stesse necessità.
E solitamente le spie del malessere si attivano primariamente in una zona. Ed è per per questo che si parla di "cervelli" al plurale.
Sì ma quindi, quanti sono?
Due.
Il primo, quello che tutti conosciamo perché crescendo ce lo fanno notare quando abbiamo la zucca vuota è l’encefalo. Di residenza sta nel cranio, di domicilio ogni tanto vaga e prende il volo.
Il “secondo cervello” invece è esattamente al centro del nostro corpo, ed è la nostra “intelligenza digestiva”.
Il cervello enterico è la principale fonte di produzione e magazzino di neurotrasmettitori, esattamente gli stessi che si possono trovare anche nel sistema nervoso centrale. Per esempio, il 90% della serotonina (conosciuto come l’ormone della felicità) è prodotto e conservato nelle pareti dell’intestino, mentre solo il 10% è prodotto e arriva dal “prima cervello”, il cervello cranico.
I due lavorano a stretto contatto e sono in costante comunicazione. A seconda di cosa fa, dice, pensa o suppone uno, l’altro si comporta di conseguenza, mitigando o aumentando le risposte: ho un buco nello stomaco, ogni volta che la/o vedo ho le farfalle, questo pensiero mi fa venire la nausea, sono talmente nervosa/o che mangerei un chilo di pane e cioccolato…. almeno una volta è capitato a tutti.
Se pensiamo ai nostri antenati, ai primissimi uomini, ci rendiamo conto di come “ragionassero” primariamente con il cervello enterico. La corteccia cerebrale era meno sviluppata, così si pensa che si affidassero soprattutto all’istinto e all’intuito – (dove GUT è "intestino" e FEELING sta per "sensazione/sentimento", quel qualcosa che sentiamo nella pancia).
Negli anni e con il succedersi delle generazioni siamo passati dall’affidarci all’istinto, ad essere più pragmatici e ragionare primariamente con la mente, il pensiero critico e la coscienza. Ma la relazione primordiale è rimasta e, volente o nolente, si fa sentire ogni giorno.
In una perfetta simbiosi il cervello cranico e quello enterico assimilano le emozioni, i ricordi, i traumi, i pensieri, le pressioni e tutto ciò che ci ronza in testa influenzandosi a vicenda. Ogni tanto è la digestione che condiziona il primo cervello, ogni tanto è l’encefalo che influisce sull’apparato digerente.
È capitato a tutti per esempio di avere conati di vomito dopo un intenso sforzo fisico, uno stato ansioso o di grande paura e spavento. Oppure può essere successo che alla fine di un amore, dopo un lutto o un episodio fortemente traumatico il nostro appetito sparisse, lasciando il posto ad un peso incomprensibile sullo stomaco, o alla nausea o in alcuni casi anche al modificarsi del nostro metabolismo.
Al contrario può essere successo che la noia, l’apatia, uno stato di insoddisfazione cronica ci portassero ad abbuffarci di qualsiasi cosa (molto probabilmente carboidrati e zuccheri, che rilasciano rapidamente ormoni e creano una sensazione di benessere temporanea e volubile). Una volta riempito il riempibile, una volta esaurito l’effetto neuronale, sopraggiunge la pesantezza, la vergogna o il malessere. Un circolo vizioso infinito.
Quelli tra noi che tendono a sopprimere le proprie emozioni, spesso hanno una digestione molto delicata, o soffrono di stitichezza o al contrario di diarrea.
Di stitichezza può soffrire per esempio chi tende ad essere maniaco del controllo, andando a concentrare nell’intestino tutte le emozioni e i bisogni di comando.
Durante periodi di forte irritabilità o dove la sensibilità è massima, spesso e volentieri aumentano le infiammazioni gastrointestinali.
Chi soffre di gonfiore, ha come per riflesso la sensazione di vivere una vita pesante. E come biasimarli, sapendo che la lentezza intestinale porta l’organismo a sovraccaricarsi di tossine che non gli servono.
Il canale tra i due è aperto, la relazione è stabile e “dominante”. Quello che uno dei due cervelli decide, l’altro subisce. Emozioni e stress vengono psicosomatizzati.
Il nostro intestino ha un enorme potenziale di stabilizzazione e guarigione in certi casi.
Se ricordate a inizio articolo avevamo affermato come il 90% della serotonina viene prodotta e immagazzinata dal cervello enterico o apparato digerente, così come le benzodiazepine endogene (uno dei principi attivi dei farmaci tranquillanti) o la dopamina.
È dunque forse possibile ipotizzare che prendersi cura del nostro intestino possa aiutarci ad attivare le risorse endogene che già abbiamo, fortificandole e sostenendoci nella gestione di diversi stati emotivi e disturbi fisici? La domanda è aperta, così come la ricerca medica.
Un modo per cominciare a prendersene cura è sicuramente lavorare sulla respirazione.
In particolare praticare una respirazione diaframmatica consapevole.
Il diaframma è un muscolo forte e instancabile, che funge da separatore tra il petto (dove sono i polmoni) e l’addome (residenza di fegato e stomaco). Lavora in sincronia con l’apparato respiratorio, abbassandosi ad ogni inspirazione ed espandendosi ad ogni espirazione. Questo suo movimento meccanico aiuta a massaggiare gli organi adibiti alla digestione, facilitando la discesa del cibo verso la sua meta finale e prevenendo dunque il reflusso acido e i gonfiori.
Una respirazione diaframmatica ben eseguita aiuta nel rilassamento di mente e corpo, aiutando quindi anche a prevenire gli spasmi intestinali.
Allo stesso tempo la pressione esercitata durante la fase di inspiro (quando il diaframma si comprime per permettere ai polmoni di espandersi) aumenta l’irrigazione degli organi con sangue ricco di ossigeno, mentre nella fase di espirazione permette il passaggio di sangue venoso (ricco di anidride carbonica) e il ricircolo linfatico.
Il Vayu è un Pranayama o dinamica del respiro semplice da ripetere a casa e di grande giovamento. Il termine deriva dal sanscrito e significa "vento" o "soffio". Da eseguire in stazione eretta o seduti su una sedia, le sequenza di movimenti porta il corpo a riequilibrare la respirazione, andando a stimolare il diaframma e favorendo tutti i benefici elencati precedentemente.
Una sequenza di Vayu è composta da 4 movimenti e va ripetuta per un totale di 12 volte.
Trovi un video gratuito molto chiaro in fondo a questa pagina per eseguire il Vayu Pranayama ogni volta che ne senti il bisogno.
[Fonte: Matveikova Irina, 05/2018. L’intestino, secondo cervello. Terra Nuova Edizioni]